S. Arcangelo, fiamme contro i lavori per nuova discarica

tratto da "Il Mattino" di Napoli

S. Arcangelo: rinviata l’apertura del sito. A fuoco due macchinari.

S. Arcangelo Trimonte. Ad accorgersene con un sobbalzo sono stati i carabinieri che ogni mattina danno il cambio quassù a contrada Pianelle, dove si sta allestando la discarica, ai poliziotti del turno di notte. Abbruniti dal fuoco. Bruciati come in un falò. Consumati approfittando del buio. "Per mano di ignoti", fa saper per ora la Digos di Benevento che indaga sul gravissimo episodio. L’escavatore e un rullo compressore della ditta "Carmine Iannella" di Torrecuso, che sta lavorando all’ampliamento della stradina che dalla statale 90bis conduce all’ingresso dell’enorme invaso (18 ettari coltivati a tabacco e grano) che accoglierà l’immondizia di napoli, è ormai un ammasso di ferri abbrustoliti. Un atto doloso, intimidatorio.

Perpetrato sebbene a pochi metri stazionino 24 ore su 24 grappoli di uomini di polizia e carabinieri (e, da domani, anche dell’esercito). Un’attentato. In un clima già carico di tensioni e polemiche, latenti sotto il manto di quiete che fa da pigiamino alla valle. E a pochi giorni dall’apertura del Grande Buco che avrà una capienza di 900 mila metri cubi e acciglierà 720 mila tonnellate di immondizia per un costo di allestimento pari a 35 milioni di euro. Da giorni si sussurrava: il sito aprirà domenica. Invece, apertura rinviata. Ma non per colpa dell’attentato. Ieri pomeriggio gli uomini del sottosegretario Bertolaso, dopo un sopralluogo teso a verificare lo stato dei lavori di allestimento della prima delle quattro vasche, hanno comunicato a Romeo Pisani, il vicesindaco di S. Arcangelo Trimonte, il paesino di 600 anime che ospita l’invaso, che prima di una decina di giorni non sarà possibile dare il via ai conferimenti. Pazienza, dunque. E occhi spalancati. Affinchè il rinvio non regali respiro agli ignoti piromani. 18 ettari di area, sul ciglio di una profonda vallata in cui scorre il fiume Pazzano, subaffluente del Calore. Di fronte, sul versante opposto, si disegna S. Arcangelo, uno scherzo di casupole da fiaba che si dilungano sinuose lungo il crinale variopinto di fiori che odorano d’estate. "L’attentato all’escavatore? ci sorprende – dice il vicesindaco – anche perchè la ditta che sta allargando quella stradina non c’entra nulla con la discarica". Già, ma qualcuno avrà pure dato fuoco a quell’ammasso di acciai e/o gomma riducendolo in pochi attimi ad inutile ferraglia. E allora, scava scava, una storia spunta fuori. Anzi, spuntano tante storie. Che raccontano, per esempio, delle polemiche per la gestione di quest’immenso sversatoio, su cui sono puntati tanti soldi, tanti occhi e tanti appetiti, confessabili e no. A S. Arcangelo, 600 abitanti per lo più coltivatori di tabacco in crisi è stata affidata la gestione della discarica. Sarà il sindaco, che si chiama Aldo Giangregorio e gestisce una macelleria in paese, a tenere per legge sottocontrollo lo sversamento e la gestione del mega-invaso, che saranno a cura della società Di.ne.co. di Milano, la stessa che sta allestendo in questi giorni il sito. In cambio della maleodorante "ospitalità" e delle immani responsabilità che gli piovono addosso, al sindaco del comune di S. Arcangelo verranno destinati – questa è la promessa – 5 milioni di euro di ristoro. E opere pubbliche. 98 euro a tonnellata è il prezzo concordato per inglobare i rifiuti che libereranno Napoli da immondizia, rischi di malattie e cattiva coscienza. Insomma enorme è la discarica ed enorme è il giro di denaro che vi ruota intorno. Dicono i più critici: "il dubbio, legittimo, è che possa risultare troppo fragile un comune di 600 abitanti per riuscire a gestire un business così consistente e soprattutto appetitoso". Il 25 aprile scorso sulla discarica qualcuno ha portato un somarello che indossava la fascia di sindaco. Protesta colorata, ma finora mai violenta. In catene davanti alla Prefettura di Benevento, in lutto con la fascia nera al braccio e le campane che suonano a morto, in preghiera per la messa celebrata dal parroco don Giacomo COtoia fra le ruspe della discarica: sussurrano i poliziotti qui al presidio che "questa è gente incapace di violenze". E aggiungono: "no, nella storia dell’escavatore bruciato non c’entrano niente quelli della protesta". Già, ma allora chi è che ha appiccato il fuoco? Intimidazioni per promesse di assunzioni non mantenute? O che altro? Dice Nicola Colangelo, ex ferroviere, tra i leader del comitato anti-sversatoio: "9 chilometri quadrati: su un territorio così minuscolo esistono già due discariche, la Napoli 3 (40mila metri cubi) realizzata per aiutare a suo tempo il capoluogo campano e quella comunale, realizzata nel ’96 di 15mila metri cubi. Due discariche, mai bonificate. Più la nuova, fanno tre. Tre per 600 abitanti. Insomma, vi rendete conto, che qui ci sarà una discarica ogni 200 abitanti?". E continua, pacato: "l’Europa impone regole, ma non vengono rispettate. Qualche esempio? SOno troppo vicini i centri abitati, non si rileva traccia di argilla, si registra la presenza di elettrodotti. inoltre, questa è un’aria iperventilata ed altamente sismica". Non è breve la carta delle laghnanze, per altro condivise per mesi dalla giunta comunale: quelli del comitato sostengono che nel sito il terreno sia franoso. gente tranquilla, i 600 locali. Di campagna. Che però alle ultime elezioni hanno per metà disertato le urne. "Ci sentiamo come le pecore di Acerra", sussurrano i più anziani in piazza. Come le pecore? "Si, pronte per morire avvelenate". Paure. Ansie. Angosce. Stress. Malattie. Che il medico condotto, che si chiama Giangregorio come il sindaco-macellaio, registra sempre più proccupato. (…)

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